Cosa sono i valori reali e come calcolarli

Innanzitutto è necessario comprendere il concetto di inflazione.

I prezzi dei beni e servizi che acquistiamo, per vari motivi, tendono in genere ad aumentare nel tempo. Ad esempio, l’andamento del prezzo di un chilo di pane negli ultimi dieci anni potrebbe essere:

L’inflazione si può esprimere come incremento percentuale:

Inflazione = (Prezzo di un anno / Prezzo anno precedente -1) * 100

ma si può esprimere anche come indice di variazione di prezzo sommando la percentuale determinata in precedenza ad un anno di riferimento con base di partenza pari a 100:

Indice prezzi = Indice anno precedente * (1 + inflazione / 100)

Se l’andamento del prezzo del pane ipotizzato in precedenza rappresentasse l’intero gruppo di beni considerato dall’ISTAT nei suoi rilevamenti, tali valori indicherebbero il tasso di inflazione e gli indici dei prezzi al consumo ufficiali. In questo caso è proprio così perché è stato appositamente preso come riferimento l’indice dei prezzi al consumo dell’intera collettività (Nic) redatto dall’ISTAT.

Adesso che abbiamo i nostri dati sull’inflazione, che ci facciamo?

Calcolo dei valori reali assoluti

Ad esempio potremmo capire se lo stipendio che abbiamo ricevuto negli ultimi 10 anni ha mantenuto il suo potere di acquisto, ovvero se si è incrementato nel tempo allo stesso passo dell’inflazione. Il modo migliore è quello di calcolare il cosiddetto valore reale “depurando” l’effetto dell’inflazione, in pratica calcolando i valori dello stipendio al netto di questa. Ricordiamo che il valore “normale”, al lordo dell’inflazione, viene definito nominale.

Per farlo è sufficiente dividere il valore nominale per l’indice dei prezzi diviso cento, ovvero:

Valore reale = Valore nominale / (Indice prezzi / 100)

Prendiamo ad esempio questo stipendio ipotetico:

Come si vede si tratta di uno stipendio che in termini nominali cresce: dai 1.200 euro del 2009 siamo passati ai 1.317 euro del 2019. Non male, ma in termini reali?

Beh, in termini reali, applicando l’indice dei prezzi Nic visto in precedenza, le cose sono un po’ diverse:

Considerando l’inflazione, in realtà lo stipendio non si è incrementato, anzi, è calato fino al 2012, poi si è ripreso un poco senza recuperare però il valore pieno, infine è di nuovo calato su valori leggermente inferiori a quelli del 2012.

In sostanza, se il valore reale rimane costante a 1.200 significa che il valore nominale è cresciuto allo stesso livello dell’inflazione e quindi il potere di acquisto dello stipendio è stato mantenuto inalterato nel tempo. Ovviamente, se il valore reale cala vuol dire che il potere di acquisto è anch’esso diminuito; se cresce, il contrario.

Da notare come l’anno a cui è stato attribuito il valore 100 nell’indice (chiamato anche anno base o anno di riferimento) è l’unico che mantiene il valore nominale identico a quello reale; tutti gli altri valori vengono modificati (in riduzione).

Questa impostazione, pur essendo valida, crea un piccolo problema; chi osserva i dati oggi si aspetta che sia l’ultimo anno a rimanere “neutro”, ovvero con il valore nominale pari al reale. Non è una questione “estetica” ma è la necessità di fare in modo che i valori passati siano rappresentati al valore attuale della moneta. Nella prima impostazione il valore reale è misurato in “euro del 2009”, cioè con il valore della moneta di quell’anno. Infatti i valori nominali vengono ridotti, perché l’inflazione nel tempo svaluta il valore della moneta (un euro del 2009 vale più di un euro del 2019). Sarebbe più coerente, invece, che i valori reali siano rappresentati in euro del 2019, in modo che il valore più attuale sia pari al nominale e che i valori nominali passati vengano incrementati (rivalutati).

Questo può essere fatto molto semplicemente cambiando la base 100 dell’anno di riferimento, tramite l’utilizzo delle proporzioni. Se poniamo il numero 100 nell’anno 2019, risulta evidente che per il 2018:

112,3 : 100 = 111,6 : x

Quindi:

x = 100 * 111.6 / 112,3 = 99,4

Questo è il nuovo indice del 2018 espresso in euro del 2019. Applicando lo stesso calcolo a tutta la serie otteniamo:

In questo modo possiamo avere un’idea di quanto sia lo stipendio del passato con il valore della moneta di oggi, che è l’impostazione più logica. Oggi so quanto vale la moneta e cosa posso acquistarci; con il valore della moneta di dieci (o più) anni fa, la faccenda è meno chiara. In questo caso risulta così che nel 2009 lo stipendio reale era di 30 euro più grande di oggi.

I valori reali calcolati in questo modo possono essere molto utili per dare rappresentazioni realistiche su periodi lunghi, come abbiamo visto, ad esempio, per il PIL e il debito pubblico.

Di indici dei prezzi ce ne possono essere di vari tipi, determinati con finalità diverse. Nel caso dell’esempio precedente è stato utilizzato l’indice Nic, ovvero la normale inflazione sui consumi. Nel caso del PIL e di diversi altri grafici che hanno a che fare con valori di economia e finanza pubblica, è stato utilizzato l’indice deflatore del PIL, che è un po’ diverso dall’inflazione, perché fa riferimento ad aggregati di beni diversi (basta pensare alla presenza delle esportazioni).

Laddove si abbiano a disposizione già delle serie di valori nominali e reali ma mancasse l’indice dei prezzi, questo può essere calcolato in maniera implicita semplicemente dividendo i valori nominali per quelli reali e moltiplicando per 100.

Bisogna tener conto che nelle statistiche ufficiali l’anno di riferimento (la base 100) viene cambiata in genere solo ogni 5 anni, per questioni di maggiore praticità e facilità nel confrontare quantità enormi di dati che non vengono aggiornate tutte nello stesso momento. Nel mio caso, invece, posso permettermi di utilizzare sempre l’ultimo anno.

Calcolo dei valori reali su percentuali

L’utilizzo dei valori reali risulta particolarmente utile anche quando la variazione di un valore è espressa in forma percentuale, come accade sempre quando si parla di tassi di rendimento o di interesse su un investimento o su un capitale.

Se io trasferisco 10.000 euro su un conto deposito ad un tasso annuale di interesse del 3%, dopo il primo anno mi ritrovo con un capitale di 10.300 euro:

10.000 * (1 + 3 / 100)

Ma che succede se il tasso di inflazione durante lo stesso anno è stato del 2%?

Succede che nello stesso lasso di tempo l’indice dei prezzi passa da 100 a 102 e quindi per ottenere il valore reale del nuovo capitale dovrei dividere per 1,02 (vedi formula del valore reale indicata in precedenza):

Valore reale
= 10.300 / 1,02 = 10.098 €

Togliendo il capitale iniziale, gli interessi reali sono pari quindi a 98 euro. Da questa impostazione di calcoli si può dedurre la formula per calcolare direttamente il tasso reale di interesse da applicare al capitale iniziale:

Tasso reale interesse
= (1 + Tasso nominale interesse) / (1 + Tasso inflazione) – 1
= (1 + 0,03) / (1 + 0,02) - 1
= 1,03 / 1,02 - 1 = 0,0098 → 0,98%

10.000 € + 0,98% = 10.098 €

Tale formula può anche essere rappresentata nella forma più intuitiva:

Tasso reale interesse
= (Tasso nominale interesse – Tasso inflazione) / (1 + Tasso inflazione)
= (0,03 – 0,02) / (1 + 0,02)
= 0,01 / 1,02 = 0,0098 → 0,98%

Volendo semplificare ancora e accontentandosi di risultati approssimati, si può anche semplicemente applicare la formula:

Tasso reale interesse
= Tasso nominale interesse – Tasso inflazione
= 0,03 – 0,02 = 0,01 → 1%

Come si vede per valori bassi il margine di errore è minimo ed è accettabile in molti contesti. Per valori più grandi o quando si vuole maggiore precisione, meglio la formula precedente.

Così come prima il valore dello stipendio reale era più significativo di quello nominale, anche in questo caso ciò che conta nel valutare il rendimento di un investimento è il tasso reale e non quello nominale. E’ inutile, ad esempio, avere alti tassi nominali di rendimento se poi in realtà l’inflazione se li mangia tutti. Può risultare più conveniente avere tassi nominali più bassi, se l’inflazione è ancora più bassa.

I risultati di tale ragionamento sono ben visibili osservando il grafico sull’inflazione e i tassi nominali dei BOT. Dal 1982 i tassi nominali sui BOT sono iniziati a calare rapidamente e questa potrebbe sembrare una notizia negativa per chi voleva investire. In realtà in quel periodo l’inflazione è calata più rapidamente rimanendo sempre ben sotto i tassi nominali e generando dei tassi reali molto sostanziosi.

La rappresentazione dei tassi reali sui BOT la potete vedere nei grafici sui conti pubblici. Un’altra rappresentazione di tassi reali e nominali la potete trovare nei grafici sui tassi medi pagati sul debito pubblico.

 

Precedente Deficit, fabbisogno e incremento del debito Successivo Stipendio netto e lordo in Italia e altri paesi (2000-2019)