Rapporto deficit-PIL e debito-PIL in Italia e altri paesi (1980-2022)

Rispetto ad altri paesi l’Italia subisce maggiormente gli effetti delle crisi economiche e ha sempre problemi a far quadrare alcuni conti pubblici. Colpa dell’euro? Colpa della Germania? Colpa degli alieni? Vediamo qualche dato per chiarirci le idee.


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(aggiornato con i dati 2022)

Sullo stato dell’economia e della finanza pubblica in Italia sono già stati pubblicati i grafici sul debito e prodotto interno lordo e sull’andamento dei conti pubblici. Probabilmente, però, non sono ancora sufficienti a far comprendere il peculiare contesto nel quale si trova l’Italia; può essere utile un confronto con altri paesi.

Iniziamo con il grafico sul rapporto deficit-PIL:

Rapporto deficit-PIL in Italia e altri paesi (1980-2022)Se dividessimo questo grafico in due parti avendo come riferimento la metà degli anni ‘90 e considerassimo solo la parte cronologicamente più recente, potremmo dire che l’Italia, rispetto agli altri, è un paese virtuoso in termini di conti pubblici.

Nello specifico, da metà anni ‘90 fino alla crisi del 2009 l’Italia è “rimasta nel mucchio”, ovvero ha avuto andamenti simili a quelli della maggior parte dei paesi considerati, seppur facendo segnare deficit sempre leggermente peggiori rispetto alla media europea. E` con l’arrivo della crisi del 2009 che paradossalmente l’Italia ha iniziato a distinguersi in positivo; a parte la Germania, tutti gli altri paesi hanno mostrato valori ben peggiori.

Come mai l’Italia non ha potuto compensare gli effetti negativi della crisi facendo deficit allo stesso livello degli altri? C’è un complotto contro l’Italia?
No. Basta guardare la prima parte del grafico per avere la risposta.

Durante gli anni ‘80 e primi ‘90 l’Italia ha accumulato una serie di deficit paurosi in piena solitudine. Come si è visto, fare deficit non è strano quando si tratta di affrontare una crisi. Dal 2009 in poi Stati Uniti, Spagna e Regno Unito hanno accumulato 3-4 anni di deficit oltre la soglia dell’8%. Il problema è che l’Italia oltre quella soglia ci è rimasta per ben 14 anni, oltretutto in un periodo nel quale non ci sono state gravi crisi economiche internazionali.

Rispetto al contesto appena descritto la recente crisi covid sembra distinguere l’Italia nuovamente in negativo per quanto riguarda il deficit. Come si vede nel 2020, con il picco della pandemia e le associate chiusure per motivi sanitari, l’indebitamento per deficit è tornato su livelli che in Italia non si vedevano dagli anni ‘80. I valori, però, rimangono nella media dei paesi considerati, ovvero non si assiste in questo anno ad un particolare scostamento, sia in positivo che in negativo.

La situazione cambia nei due anni successivi, con l’Italia che ha mantenuto deficit su livelli ancora elevati quando invece gli altri paesi hanno cercato di tornare più velocemente su valori migliori man mano che si usciva dalla crisi covid.

In questo modo l’Italia è tornata nuovamente a far registrare i deficit più elevati tra i paesi considerati. Per la precisione nel 2022, dal peggiore al migliore: Italia, -8,0%; Regno Unito, -5,2%; Spagna, -4,8%; Francia, -4,7%; Germania, -2,6%. Il dato degli Stati Uniti non è ancora disponibile.

I valori monetari del deficit si trasformano in incrementi del debito pubblico, anche se per motivi contabili non c’è sempre una perfetta corrispondenza tra i due valori. In termini invece di percentuali sul PIL (qui considerate) per passare dal deficit ad una corrispondente variazione del debito è possibile applicare una precisa formula matematica: D-P*DPi/(1+P), dove “D” è il deficit, “P” è la variazione nominale del PIL (ovvero compresa l’inflazione), “DPi” è il rapporto debito-PIL dell’anno precedente.

In questa formula manca la correzione dovuta ai motivi contabili di cui si parlava in precedenza (chiamata aggiustamento stock-flussi) che è un parametro complesso da determinare, quindi il risultato non è preciso. A parte casi particolari, comunque, tale correzione non è di entità eccessiva (qualche decimale di PIL).

In generale tale formula dice che a maggiori deficit corrispondono maggiori incrementi del debito/PIL (a parità delle altre variabili). Possiamo quindi renderci conto chiaramente della particolare situazione dell’Italia descritta in precedenza andando a vedere il grafico con il rapporto debito-PIL:

Rapporto debito-PIL in Italia e altri paesi (1980-2022)Questo grafico ci consente di capire come l’indebitamento annuale accumulato in più rispetto agli altri paesi durante gli ‘80-’90 (il deficit) ci è poi rimasto sulle spalle per tutti gli anni successivi in termini di rapporto debito-PIL. Da notare, peraltro, come l’Italia avesse già nel 1980 più debito rispetto agli altri paesi considerati, ad indicare che un certo peggioramento dei conti era iniziato prima.

L’evidente periodo di risanamento iniziato a metà anni ‘90 ha dato i suoi frutti facendoci riavvicinare alla normalità (per avere un’idea più dettagliata delle variabili in gioco si consiglia di vedere i già citati grafici sui conti pubblici).

Poi è arrivata la crisi del 2009, la cosiddetta crisi dei titoli tossici importata dagli Stati Uniti. Come detto l’Italia non ha potuto esagerare nell’incremento del debito e questo probabilmente ha fatto deprimere la nostra economia in modo maggiore rispetto agli altri, ma in termini di rapporto debito-pil tale comportamento ha raggiunto lo scopo. Infatti in questo periodo la distanza dell’Italia dagli altri paesi non si è incrementata, anzi, è diminuita.

Purtroppo queste accortezze non sono bastate. Il peggioramento dei conti derivato dalla crisi del 2009 e il fatto di avere un debito comunque elevato, ha sottoposto l’Italia e altri paesi in condizioni simili ad un incremento dei tassi sui titoli pubblici (anche a causa di processi di speculazione) che hanno portato nel 2011 alla cosiddetta crisi dello spread. Lo spauracchio per un possibile default dell’Italia (ipotesi sicuramente esagerata) e conseguente necessità di contenere la spesa pubblica hanno portato ad una diminuzione del PIL per i due anni successivi. Tra i paesi considerati nel grafico, questa volta è stata una crisi economica solo italiana e spagnola (quest’ultima per cause diverse).

In questo periodo l’indice debito-PIL dell’Italia è cresciuto e sono tornate leggermente ad incrementarsi le distanze dagli altri paesi (ad eccezione della Spagna). Tutto ciò nonostante il deficit sia stato mantenuto su livelli migliori rispetto agli altri paesi. Risulta evidente, quindi, come in un contesto di grave crisi economica, con il PIL che cala notevolmente, limitare il deficit non serve perché tende ad amplificare l’effetto negativo della crisi. Il deficit, come è noto, deve essere usato in funzione anti-ciclica, ovvero deve essere alto quando l’economia è in recessione e basso quando l’economia cresce.

Dopo questo periodo di crisi, negli anni successivi il valore dell’Italia è rimasto quasi stabile, con una leggera tendenza a decrescere.

Ovviamente con la grave crisi covid del 2020 si assiste in Italia ad un incremento del debito/PIL senza precedenti ma comunque non molto diverso da quello degli altri paesi rappresentati nel grafico (a parte la solita Germania).

Nei due anni successivi si assiste ad una discreta riduzione del debito/PIL in Italia, anche se il recupero di una situazione pre covid appare ancora lontano nel tempo. In termini relativi si può notare come il recupero sul 2019 dell’Italia sia migliore di quello degli altri paesi europei nonostante, come detto, i deficit italiani siano stati i più elevati. Come è possibile?

Il fatto è che, come chiarito in precedenza, sullo specifico anno per motivi contabili può non esistere una precisa corrispondenza tra deficit e debito. In questo caso in particolare a fare la differenza in Italia sono stati i notevoli bonus edilizi, che da un punto di vista di contabilità del deficit sono stati imputati all’anno nel quale sono stati concessi, ma dal punto di vista del debito gli effetti sono spalmati sugli anni successivi (tramite le detrazioni e i crediti d’imposta). Il risultato quindi è che il deficit nel 2021 e 2022 risulta elevato ma gli effetti sul debito sono solo parziali, mentre il PIL ha beneficiato positivamente degli interventi dei bonus edilizi. E’ per questo che il rapporto tra debito è PIL è migliorato più di quanto ci si aspettasse, ma si tratta solo di una situazione temporanea destinata poi ad essere compensata quando gli effetti sul debito continueranno a farsi sentire mentre quelli positivi sul PIL non ci saranno più.

Per capire l’incidenza di questi scostamenti contabili si può calcolare, con la formula detta in precedenza, quanto sarebbe stata la variazione del debito/PIL nel 2022 considerando solo il dato puro del deficit, ovvero ipotizzando che il deficit si trasformi tutto in debito nello stesso anno. Considerando che la variazione del PIL nominale nel 2022 è stata del +6,8% e che il debito/PIL di partenza è del 149,9%, il risultato porta ad una variazione di -1,5 punti percentuali. In realtà il debito/PIL nel 2022 è andato al 144,4%, ovvero abbiamo avuto una diminuzione di ben 5,5 punti percentuali. La differenza (4 punti percentuali) è appunto data dalla correzione contabile del parametro “stock-flussi” che in questo caso è di dimensioni notevoli, caso anomalo nella contabilità del PIL e causato in gran parte dall’effetto dei bonus edilizi.

Nel 2022 i rapporti debito-PIL nei paesi considerati sono stati, dal peggiore al migliore: Italia, 144,4%; Stati Uniti, 121,2%; Spagna, 113,2%; Francia, 111,6%; Regno Unito, 101,0%; Germania, 66,3%.

Da notare come il debito/PIL degli Stati Uniti a partire dalla crisi del 2008-9 (che ha colpito duramente il paese) ha iniziato a crescere molto più di quello dell’Unione Europea a causa di una serie di deficit/PIL di entità maggiore. Si conferma, quindi, tante volte qualcuno avesse ancora dubbi, che far registrare deficit maggiori porta nel tempo ad avere sempre un debito/PIL peggiore. L’idea che i maggiori deficit possano essere compensati da una maggiore crescita del PIL non trova riscontro nei dati (oltre che nelle teorie economiche).

Chi vuole approfondire la questione da un punto di vita logico e matematico può leggere il già citato articolo sul capire e calcolare la variazione del rapporto debito-PIL.

Va ricordato che nell’area euro il Patto di stabilità e crescita prevede di non superare un deficit/PIL del 3% e un debito/PIL del 60%. Non si tratta comunque degli unici parametri considerati. Un ruolo importante lo gioca anche il deficit strutturale.

A causa dei diversi sforamenti dei due indici suddetti, tutti i paesi dell’Unione qui considerati sono stati sottoposti per diversi anni a procedura di infrazione per deficit eccessivo. Al contrario di quanto molti pensano, quindi, l’Italia non è l’unico paese ad essere stato segnalato dalla Commissione Europea, anzi, lo è stato meno di altri.

 


Fonti

I dati sono tratti dalla Base dati statistica della Banca d’Italia sezione “Tematiche; Statistiche di finanza pubblica nei paesi dell’Unione europea” selezionando le voci “Indebitamento netto o accreditamento netto” e “Debito pubblico lordo”. Oltre ai paesi europei è riportato anche il dato degli Stati Uniti.

 

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