Variazione percentuale del PIL reale in Italia e altri paesi europei (1960-2022)

In termini relativi l’economia italiana sta guadagnando o perdendo terreno rispetto agli altri paesi europei?


(aggiornato con i dati 2022)

A volte si sente dire da qualche politico o giornalista che gli scarsi risultati economici dell’Italia dipendono dal ciclo economico negativo internazionale. Si dice insomma che le cause sarebbero esterne, non interne, al punto tale che in realtà la condizione dell’Italia rispetto agli altri paesi europei non sarebbe variata o sarebbe addirittura migliore rispetto al passato.

Verificare queste affermazioni è abbastanza semplice, perché è sufficiente far riferimento ad un parametro che viene citato spesso: la variazione percentuale del prodotto interno lordo. Si tratta di un valore utilizzato proprio per confrontare l’andamento dell’economia tra paesi diversi.

Se due paesi hanno la stessa crescita percentuale del PIL, significa che il rapporto tra i valori assoluti delle due economie (PIL monetario) rimane invariato. Ad esempio, se il paese A ha un PIL che in termini assoluti è il doppio del paese B ed entrambi crescono del 3%, allora tale rapporto tra le due economie rimarrà invariato. Ovviamente, se un paese cresce più dell’altro in termini percentuali, allora il rapporto si modificherà a proprio favore. Quindi per valutare se l’Italia in termini relativi sta perdendo terreno rispetto agli altri paesi, basta confrontare le variazioni percentuali annuali del PIL.

Va detto che il variare del PIL di un paese nel tempo è influenzato anche dal variare della popolazione, non solo della sua effettiva ricchezza. Se un paese cresce demograficamente, il suo PIL totale tenderà a crescere di conseguenza, ma non significa che sia diventato più “ricco”, è semplicemente diventato più “grande”.

Vediamo quindi un primo grafico che mette a confronto le variazioni percentuali del PIL dell’Italia con le altre principali economie europee. Per migliorare la leggibilità del grafico sono state messe in evidenza le serie con la media mobile calcolata sui cinque anni:

Variazione percentuale del PIL italiano e di altri paesi europei (1961-2022)Questo grafico è sicuramente interessante per le informazioni che riporta ma per rendere le cose un po’ più chiare è possibile prendere come riferimento l’Italia e rappresentare le differenze con le variazioni percentuali degli altri paesi:

Differenza tra la variazione percentuale del PIL italiano e di altri paesi europei (1961-2022)In questo grafico se i valori sono intorno allo zero significa che un paese cresce allo stesso passo dell’Italia; se sono positivi significa che l’Italia cresce di più, se negativi, di meno.

Si può notare come tra gli anni ‘60 e i primi ‘80 per la maggior parte del tempo l’Italia abbia avuto una crescita superiore o uguale alla Francia e i Paesi Bassi. Rispetto alla Spagna l’andamento mostra alti e bassi, ma si tratta di un paese che a quel tempo partiva ancora da un’economia arretrata, quindi era più facile per loro far registrare percentuali di crescita maggiori.

Fino alla metà degli anni ‘60 la maggiore crescita italiana derivava ancora dagli effetti del boom economico. Nei ‘70-’80 la crescita è stata in parte alimentata dalla crescita del deficit e del debito pubblico.

Durante gli anni ‘80 si nota comunque l’inizio di una fase discendente che ha portato progressivamente i valori medi in campo negativo nei confronti di Paesi Bassi, Spagna e Francia. Da questo momento in poi il valore medio non è mai più tornato in zona positiva nei confronti di tutti questi paesi, a parte una breve parentesi della Spagna, che ha un’economia particolarmente instabile.

La Germania, i cui dati partono solo dal 1991, è l’unico pese che fa eccezione, perché fino a metà degli anni 2000 ha registrato in media variazioni percentuali del PIL peggiori di quelle italiane. In tale situazione ha sicuramente giocato un ruolo importante la riunificazione con la Germania dell’Est, che complessivamente ha indebolito l’economia tedesca. Una fase che ha richiesto diversi anni per essere superata.

Dopo la crisi del 2012, negli ultimi anni il dato medio nei confronti della maggior parte dei paesi è un po’ migliorato, rimanendo comunque in area negativa. La crisi covid del 2020 ha peggiorato la situazione nei confronti in particolare di Germania e Paesi Bassi, mentre è migliorata nei confronti della Spagna. Nei due anni successivi l’Italia ha comunque avuto un buon recupero, tanto che alla fine il differenziale medio rispetto al periodo pre-covid risulta in miglioramento rispetto a tutti i paesi considerati, con la Germania che mostra anche un leggero valore positivo.

Nel 2022 la variazione del PIL è stata, dalla migliore alla peggiore, del +5,5% per la Spagna, del +4,5% per i Paesi Bassi, del +3,7% per l’Italia, del +2,6% per la Francia, del +1,8% per la Germania.

Per finire, può essere interessante avere una rappresentazione degli effetti cumulati nel tempo delle variazioni percentuali viste nei precedenti grafici. Come detto, se un paese cresce più dell’Italia il rapporto tra la sua economia e quella italiana aumenta, mentre cala nel caso opposto. Vediamo quindi un grafico con gli andamenti nel tempo di tali rapporti:

Rapporto tra PIL di altri paesi europei e PIL italiano (1960-2022)Si nota bene quanto detto in precedenza, con il rapporto che inizia a migliorare in modo evidente per gli altri paesi durante gli anni ‘80, con una certa accelerazione nei primi ’90.

Molti ovviamente a questo punto si chiederanno quale sia la causa di questo rallentamento dell’economia italiana rispetto alle altre. Non è facile dare una risposta, anche perché i motivi possono essere diversi. Una decelerazione dopo la metà degli anni ‘60 deriva dalla fine del boom economico italiano, questo però non spiega il continuare del rallentamento nei decenni successivi.

Chi ha potuto già osservare i grafici sul debito pubblico, sui conti pubblici, sull’inflazione e sui tassi medi di interesse sul debito pubblico, dovrebbe aver intuito quale altro fattore ha sicuramente giocato un ruolo importante: il grande debito pubblico creato negli anni ’70-’80 e gli interessi che ci abbiamo pagato sopra negli anni successivi.

Infatti durante gli anni ‘70 l’economia italiana ha fatto molto affidamento sull’indebitamento accumulando dei notevoli disavanzi primari. Durante gli anni ‘80 l’Italia è rimasta in disavanzo primario ma questi sono andati assottigliandosi, vista la necessità di coprire una parte sempre maggiore di interessi sul debito crescente. Dai primi anni ‘90 l’Italia è dovuta poi passare ad un avanzo primario, anche notevole, solo per pagare gli interessi sul debito accumulato in precedenza.

Il fatto che negli anni ‘70-’80 l’Italia abbia avuto bisogno di fare tutto questo disavanzo indica che già qualcosa nell’economia non andava. L’accumularsi del debito e il pagamento degli interessi ha poi peggiorato ulteriormente la situazione rendendo difficile qualsiasi recupero.

Per avere un’idea, nel 1995, quando da pochi anni in Italia era iniziata la fase di risanamento dei conti pubblici, il pagamento degli interessi sul debito pesava ancora per l’11,1% del PIL. Nello stesso anno in Germania gli interessi pesavano per il 3,5%, in Francia del 3,4% e in Spagna del 4,9%.

In pratica significa che dato un certo valore della spesa pubblica in rapporto al PIL, lo Stato italiano aveva l’equivalente di un 6-7% di PIL in meno di soldi da spendere rispetto alle altre principali economie europee. Si tratta di parecchi soldi e non c’è da sorprendersi che l’economia italiana ne abbia risentito, e tutt’ora ne risente, anche se in misura minore.

Per i dati vedere il sito AMECO selezionando la sezione “16-16.2-Interest” e premendo “Next”.

Come spiegato negli articoli dei grafici citati, dietro alla crescita degli interessi sul debito italiano di quel periodo non ci sono complotti o teorie strane, ma solo una spregiudicatezza nella gestione dei conti pubblici. Ovvio poi che tutto quanto fatto negli anni ‘70-’80 vada posto nel particolare contesto politico di quel tempo, tra lotta di classe, terrorismo di tutti i colori, tentativi di golpe, ecc… Un periodo non proprio facile da gestire.

Tornando al presente, nell’ultimo grafico con gli effetti cumulati si nota come rispetto al periodo pre-covid la situazione dell’Italia risulti stazionaria rispetto a Germania e Francia, in miglioramento rispetto alla Spagna e in peggioramento rispetto ai Paesi Bassi.

Per finire, vale la pena notare come per l’Italia recuperare le posizioni passate non sia facile, o comunque è qualcosa che richiederebbe molto tempo. Ad esempio, nei confronti di un paese a noi simile come la Francia, si nota che rispetto al 1968 oggi c’è una differenza del 35% di PIL (incremento calcolato passando da un valore del rapporto di 101,1 a 136,5), ovvero significa che per avere lo stesso rapporto del 1968 tra le due economie l’Italia dovrebbe oggi avere un 35% di PIL in più; non proprio una cosa che si fa dall’oggi al domani.

 


Fonti

Per Spagna, Francia, Italia e Paesi Bassi i dati del PIL precedenti il 1995 sono tratti dal sito AMECO sezione “Domestic product; Gross domestic product; At constant prices (OVGD)”. Per gli anni successivi sono tratti dal sito Eurostat sezione “Economy and finance; National accounts (including GDP); Complete database; Main GDP aggregates; GDP and main components (output, expenditure and income) (nama_10_gdp)”. Trattandosi di una comparazione relativa non è stato necessario cambiare l’anno di riferimento dei valori reali; l’importante è recuperare i dati con la medesima base.

Per la Germania i dati (che partono dal 1991) sono tratti dal sito Eurostat.

 

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